martedì 20 gennaio 2015

Nasi Putih ossia il Riso in Indonesia

Che mangiavi in Indonesia?
Talvolta noto una smorfia di scontento sul volto di chi si sente rispondere che cosa mangiassi in Indonesia. E' proprio così, in Indonesia (e in generale sul Sud-est asiatico) si mangia sempre riso. Sempre.
E i frutti tropicali? Gli Indonesiani non ne mangiano molti, anzi quasi nulla. A differenza di come si crede comunemente la frutta non è così deliziosa e per questo loro ne comprano pochissima e ne mangiano ancora di meno. L’unico frutto che ha un sapore vivo è il mango ma per il resto siamo lontani dall’idea che abbiamo della frutta dell’America Latina. Sono semplicemente due cose diverse.
Ci sono naturalmente anche altri cibi come i pezzi di galline, i gamberi, più di 4 tipologie diverse di uova
e pochissimi tipi di verdure come le carote, gli spinaci, i broccoli e le melanzane (che gli Indonesiani non gradiscono). Tofu, tempeh, manioca. Non esistono formaggi, non esistono maiali e derivati del maiale essendo un paese prettamente musulmano (a meno che non andiate nei quartieri cinesi).
Quelli elencati sono solo alimenti di accompagnamento al piatto principale che è il riso: se non appositamente specificato è sempre riso bianco altrimenti la variante è riso fritto (nasi goreng). Insieme al riso si serve anche una coppetta con la salsa di peperoncino (saus sambal). Se non viene servita la coppetta col peperoncino vuol dire che hanno già pensato loro a metterlo nella pietanza che state per mangiare.
Le prime due settimane in Indonesia avevo il singhiozzo fisso, un grande bruciore ovunque, erano i segni dell’iniziazione.
Riso a colazione, riso a pranzo e riso a cena dunque. Tutti i giorni.
Risaie immense brulicanti di mondine, ampie distese invase dal sole cocente, piedi e mani umidi e costanti nel lavorare e nel pregare. Si è grati al riso, al lavoro immenso che c’è dietro, al nutrimento che se ne riceve. E’ inconcepibile non fare un pasto con qualcosa che sia diverso da questo alimento perché è la base alimentare di questo popolo; è ciò che permette loro di vivere e lavorare.
In Indonesia non si chiede “cosa hai mangiato” ma si chiede se “hai mangiato” (“sudah makan?”) perché è scontato che si mangi il riso. Il fatto di chiedere se si è mangiato o meno, poi, è ancora più profondo: appena ci si incontra ce lo si chiede ed il valore che viene dato a questa domanda equivale al nostro “come stai”.
Quattro quinti del piatto sono occupati dal Nasi e la restante quinta parte è colmata da pochi cibi che nominavo sopra (piccantissimi). L’economia e la salute di questo popolo dipendono dalla coltivazione del nasi in tutto e per tutto.
Il Governo Indonesiano ha difatti, più volte, sottolineato l’urgenza di variare la dieta alimentare nel Paese in quanto il cambiamento climatico potrebbe minare un’agricoltura poco differenziata e che dipende fortemente dalla coltivazione del riso. Questa sollecitazione ha lo stesso risultato del parlare ai mulini al vento. Il riso è sacro, è l’alimento principe e deve esserci, non si può ridimensionare un aspetto profondo della cultura indonesiana perché il clima sta cambiando.
Colazione, pranzo e cena. Colazione, pranzo e cena. Colazione, pranzo e cena. Basti sapere che il 90% del riso asiatico viene prodotto qui a Java, in più di duecento milioni di fattorie. Risulta dunque problematico diversificare la produzione agricola, e ancora di più le abitudini di queste persone.
Che mangiavo in Indonesia?
Una preghiera chiamata Nasi putih.






sabato 3 gennaio 2015

Chi è contro i cacciatori scagli la prima pietra

Sento la necessità di scrivere queste parole.

Premessa
Il cacciatore non è bracconiere; non esisterebbero altrimenti due termini e due figure distinte.

Ora.
Prima di toccare i punti inerenti la caccia ed i cacciatori sarebbe mio piacere farvi notare che per ovini, bovini, equini, suini, caprini, pollame e selvaggina d’allevamento vengono effettuate queste operazioni:
1.Trasferimento. Ammassati come bestie, appunto, spesso senza acqua ed esposti al biossido di azoto dei mezzi di trasporto.
2.Stordimento. Pistola a proiettile captivo, commozione cerebrale, elettronarcosi, esposizione al biossido di carbonio; strumenti di morte diversi dai fucili dei cacciatori, pur comunque strumenti di morte.
3.Iugulazione. Vengono appesi per gli arti posteriori e con un coltello vengono recisi i grandi vasi sanguigni del collo o del petto per permettere il completo dissanguamento.
4.Depilazione. Nei suini avviene la c.d. scottatura con l’ immersione in vasche bollenti per vari minuti o l’utilizzo di raggi infrarossi per dilatare i bulbi piliferi e facilitare la successiva depilazione.
5.Spiumatura. Anche qui viene usata la scottatura come sopra.
6.Scuoiamento. Vengono  asportate le corna -negli animali con le corna-  e le estremità delle zampe anteriori, mentre la rimozione della testa dipende dal processo di lavorazione. Poi si incide con una lama per  tutta la lunghezza del corpo degli animali appesi per le zampe posteriori alla guidovia, e si prosegue al sollevamento dei lembi che verranno poi agganciati alle macchine scuoiatrici o tirati a mano con l'aiuto di coltelli per lo scollamento dalla muscolatura sottostante. Tranquilli che altri lo fanno per voi.
7.Eviscerazione. Dal collo fino al perineo viene effettuata una incisione al fine di estirpare i vari  organi - rognoni, fegato, animelle, cervello , milza, ecc. – che magari non mangiate perché vi fanno senso ma intanto quelli son stati eviscerati.
8.Mezzenatura. La carcassa viene tagliata in più metà con una sega.
9.Stoccaggio. Le carcasse sono avviate allo stoccaggio in  celle frigorifero dove i vari pezzi  vengono lasciati "maturare" attraverso il processo di frollatura.
10.Impacchettamento e trasporto al rivenditore.
11.Acquisto da parte del consumatore di pezzi di animali morti ammazzati. Avete le mani pulite e non avete sparato nemmeno un colpo!

Oltre l’industria dei mattatoi, esiste la macellazione a domicilio per autoconsumo per le specie suina, caprina, volatili da cortile e conigli. Non dimentichiamo poi i pescatori le cui prede subiscono una delle morti peggiori.
Se dunque date il vostro consenso a queste attività perché non dovreste darlo ai cacciatori?

Veniamo ai cacciatori.
1.Devono conseguire l’abilitazione di tiro e sostenere un esame scritto ed uno orale suddiviso in tre parti (legislazione venatoria, conoscenza degli animali -per distinguere le specie cacciabili da quelle non-, conoscenza delle armi da fuoco) al fine di conseguire la licenza di caccia. Studiano quindi tutto ciò che concerne la selvaggina, l’habitat, le classificazioni:  genere, famiglia e specie .
2.Pagano circa 300 euro a persona tra tasse statali, locali ed assicurazioni per praticare la caccia che comunque è consentita massimo per tre giorni a settimana (il tutto è certificato dall’obbligo di portare con sé il tesserino della stagione venatoria nel quale si deve apporre la data ogni volta).
2.Acquistano fucili e cartucce, contribuendo consapevolmente al mantenimento dei relativi mercati.
3.Svolgono la loro attività in un periodo stabilito dalla legge (la stagione venatoria dura dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio, solo quattro  mesi dunque. Diverso il discorso per l’industria dei macelli aperta tutti i mesi).
4.Vanno a caccia. Ho partecipato a delle battute di caccia come fotografa. Lungi da me il sostenere che tutti i cacciatori (come ogni categoria) sono persone corrette e responsabili in quanto esseri umani. I cacciatori con i quali mi sono trovata dopo aver sparato raccoglievano i bossoli: la campagna è di tutti e sarebbe bello tutti contribuissimo a mantenerla pulita e monda. Il Mondo si chiama mondo proprio perché originariamente era pulito. Magari la prossima volta che ci si ritrova a fare una scampagnata ricordiamoci che l’immondizia (tipo le cicche delle sigarette) è nociva allo stesso modo dei bossoli.
5.Sparano. Usano un fucile e dei proiettili al posto degli strumenti che ho descritto sopra atti alla macellazione, quindi ugualmente agli altri uno strumento di morte. La differenza consiste nella consapevolezza:  mentre sparano sanno che quell'azione porterà ad una uccisione. Voi quando comprate la carne siete consapevoli della morte che qualcuno ha volutamente ed appropriatamente (non parliamo delle ragioni, parliamo degli atti) provocato sotto vostro mandato/consenso?
6.Spiumano. Lo fanno da se, piuma dopo piuma, guardando l’animale morto che hanno tra le mani e toccandone, se fatto nell'immediato, il corpo ancora caldo. Voi avete mai provato a spellare un ovino o un suino ancora caldi?
7.Trasporto. La selvaggina, in genere, viene messa nel carniere (tascapane) e, in casi eccezionali, caricata addosso. Voi ve lo accollereste un suino? Ma no, ci sono altri che lo spezzettano con la sega e lo impacchettano per voi!
8.Nessun acquisto da parte dei cacciatori. Hanno preso parte al processo dall'inizio alla fine sporcandosi le mani.

Dunque siete contro a cosa esattamente?

Conosco dei cacciatori che amano il bosco e la campagna più di tanti pseudo ambientalisti. Ho visto cacciatori rattristiti sinceramente per non aver potuto incarnierare la preda abbattuta, dopo ripetuti tentativi di ricerche, perché quel sacrificio era stato inutile.
La differenza tra chi mangia carne, favorevole però all’abolizione della caccia, ed i cacciatori, che sono  mangiatori anche di altre carni oltre la selvaggina, è che questi ultimi non delegano nessuno. Sono consapevoli dell’atto dell’uccisione delle prede.

La vera sfida per il cacciatore è individuare e stanare la selvaggina che sta cacciando e non riempire il carniere ad ogni costo. Detto in altre parole la selvaggina ha possibilità di scampo ed il suo tempo lo vive in piena libertà. Gli animali da macello invece sono condannati a morte dalla nascita.
Sia ben chiaro che ciò che compiono resta un orrore, ma non superiore a quello che avviene nella  macellazione. Non si possono condannare i cacciatori e salvare i mandanti dei macellai, perché provocano la stessa morte.

E, per finire, credo che non possiamo essere presuntuosi al punto di negare che tutti gli animali percepiscano la trama, l’inganno, l’avvicinamento, l’appostamento, la presenza minacciosa di uomini armati di fucili o, nel caso  dei mattatoi, pistole a proiettile captivo, seghe elettriche, coltelli, vasche bollenti, corde, bastoni.
Il cane ed il gatto hanno più sensibilità degli altri animali solo perché li avete addomesticati? Siamo seri, casomai ne hanno di meno perché hanno assunto il vostro modo di vivere ed il vostro ambiente isolato spesso dalla terra (parlo di “voi” e non “noi” perché per scelta non ho animali addomesticati che condividono il mio stesso habitat).
La sensibilità la si sviluppa maggiormente in mezzo ai propri simili, nel proprio habitat e non in quello in cui noi scegliamo loro debbano vivere. E quando scegliete di avere il vostro amato gattino o cagnolino o pesciolino o coniglietto o uccellino in gabbia state scegliendo voi per loro, e sono centinaia di anni che la loro natura è stata addomesticata da noi di modo da rendere adesso questi animali dipendenti da noi quanto loro erano nati selvatici.
I cani ed i gatti non hanno poi tutta questa sensibilità in più che voi credete, non l’hanno potuta sviluppare recentemente e di certo quelle passeggiatine giornaliere (magari nello squallore di una metropoli) che li portate a fare non li ripagherà mai della libertà di poter volare, correre o nuotare e cacciarsi da soli da mangiare.
Perché una mucca dovrebbe avere meno sensibilità di un cane? Ho visto dal vivo gli occhi imprecanti di una mucca che stava per essere ammazzata. Sentiva eccome. E’ stata una delle esperienze peggiori che abbia mai vissuto. E non solo gli occhi, ho sentito le sue grida, quelle grida assordanti di terrore, il terrore della consapevolezza di chi conosce l’assassinio che si sta per compiere sulla propria vita.

Prima ancora della caccia chiedetevi se non sia il caso di chiudere anche i macelli e/o  di tenere gli animali dentro casa vostra. Coerenza ci vuole, non giudizio.
Per quanto mi riguarda si possono lasciare aperti i macelli, si possono lasciar cacciare i cacciatori, si possono lasciar pescare i pescatori e si possono tenere gli animali dentro l’habitat domestico. Ogni manifestazione umana deve poter aver modo di essere manifestata.

Ad ognuno la propria scelta di prendere parte o non prendere parte.
Io, a tutto questo, ho scelto liberamente di non contribuire ma mi batterò affinchè un uomo diverso da me abbia la possibilità di fare la sua, 

Marzia Risucci