mercoledì 25 marzo 2015

Lo sbilanciamento

L’equilibrio si ha stando nel movimento, sbilanciandosi.
Pedalando, ad esempio, si ottiene e mantiene tale equilibrio sebbene talvolta possa capitare di cadere.

Poiché tutto è collegato e vuole lavorare per permettere il movimento di uno stesso organismo a cui si appartiene ne consegue che se una parte ha difficoltà ne risentiranno anche le altre.
Sono un organismo e sono anche parte di un organismo comune al vostro nel corpo della terra.

La natura di ognuno ha scelto se concedere o meno la possibilità di camminare ed un essere per compiere ciò ha bisogno di due gambe e due piedi che ne permettano l’avanzamento che sia in avanti o indietro.
Verso dove si vuole camminare, concesso che si riesca a mettere un passo dopo l’altro?

Affinché avvenga lo spostamento è necessario che ci sia un perno su cui fare leva ed uno slancio verso una direzione.
Se il piede destro vuole partecipare a tracciare un cammino deve chiedere al piede sinistro di fargli da perno, da sostegno, affinché lo spostamento abbia compimento. Se il piede sinistro ciondola o trema o si pianta è improbabile che il destro avanzi nel movimento.
Se il piede sinistro vuole partecipare al cammino deve chiedere al piede destro di fargli da perno, da sostegno affinché lo spostamento avvenga. Se il piede destro ciondola o trema o si pianta è improbabile  che il sinistro avanzi nel movimento.
Se entrambi non si domandano vicendevolmente il permesso di essere a turno perno e slancio, non avrà luogo il tracciato di un cammino.

Il movimento può compiersi se le due parti prendono consapevolezza della loro identità ed uguaglianza e se fanno affidamento l’un l’altra per muoversi, se scelgono di dialogare affinché ciò avvenga.

L’equilibrio è nel movimento, ad ogni pedalata, ben oltre le scosse di assestamento lungo il percorso, 
Un piede esiste per l’altro. Da solo, non avrebbe senso o perlomeno non il senso del movimento e dello scambio.
Grazie,

Marzia




venerdì 13 marzo 2015

Hic et Nunc

Questo luogo è duro da abitare, ostile da vivere, coraggioso nel resistere. 
Altro che un pelo sullo stomaco, altro che Sud del mondo.

Che sciocchi gli uomini che credono serva andare dall'altra parte del mondo per esperire uno modo di vita Altro rispetto a quello che hanno vissuto. 
Che perdite ha l’uomo quando crede che sia davvero necessario ritrovarsi mischiato in una cultura Altra, un altro colore, un altro credo che non sia il suo stesso.

Sono arrivata qui, in questo posto che di certo non è abbandonato da Dio. 
Dio non si è fermato mai nemmeno ad Eboli ma ha spaziato oltre il tempo per essere da sempre e per sempre Uno Infinito ed Infinito Uno. 
Nel per sempre esiste questo momento che è già passato e che con fatica cerca di tenermi qui, presente a me stessa. 
Eppure parlano i fiori quando sbocciano ed i bruchi quando, in una lenta metamorfosi, spiegano le ali e si animano a farfalla.
Eppure il vento soffia, la pioggia cade, la terra dona i frutti, il fuoco scalda, la legna brucia, il fiume scorre, il sole sorge. 
Si, è il sole che compie questa azione del sorgere e tramontare ogni giorno, del nascere e morire per darci ancora una possibilità di vedere.

Io qui sono arrivata, credo accompagnata da mani molto più sagge e molto più vecchie delle mie. Accompagnata dalla vita stessa che in me si continua a manifestare volendo tenere accesa quella fiamma che mi anima, che mi percorre, che anela all’Uno.

Qui io son arrivata e se vedo il mio tracciato vedo un sentiero che mi ha preparata ad arrivare proprio qui.



19 Febbraio 2015, campagna tra Beano e Codroipo