martedì 24 febbraio 2015

Una serata in un locale

Non ho nemmeno provato a mischiarmi.

Come un pesce fuor d'acqua sto riuscendo a scrivere sulla mia agendina in una situazione che a tutto inviterebbe fuorché alla scrittura. Sorrido di me, nel vedermi poggiata qui, su questo tavolino che indossa una tovaglia semi vellutata color bordeaux. Non mento se scrivo che son nata sotto il segno dei pesci e non mento se scrivo che questo non è l’oceano.

Immaginate l’esatto opposto dell’oceano: come ve lo rappresentereste?
Potrebbe essere innanzitutto uno spazio confinato (non che l’oceano non lo sia ma ne passa di mare prima di toccare l’argine e comunque sia si parla si terra, un elemento con una forza immensa) il cui confine sia limitato da pareti che, sebbene alte, son comunque dei fronti la cui funzione tende alla chiusura. Il loro colore è rosso scuro adesso. Non sono visibili alla luce del sole poiché non prevedono finestre o meglio ne scorgo una solamente ed è coperta da un pesante tendone blu, come quelli dei grandi teatri. Il pavimento sebbene di marmo lastricato non arriverà mai a rimandare il suono del piede scalzo sulla terra o dello scroscio dell’onda che con forza giunge a riva.

Cos'altro vedo? Quella specie di lampadari moderni stile gran serata che scendono come degli stronzi (al momento l’unica immagine a cui mi rimandano questi lampadari si da il caso siano proprio gli stronzi) appesi e sebbene abbiano numerose lucine pulsanti colorate ad animarli, che potrebbero sembrare allegre agli occhi di qualcuno, di fatto sono irritanti per il cervello e per le pupille sottoposte ad un moto di allargamento e restringimento intermittente. Se da questa specie di lampadari sposto un poco lo sguardo ho modo di vedere dei cubi molto grandi che scendono dal soffitto e che ad ogni lato incorporano uno schermo. 4, 8, 12, 16… il numero degli schermi che mi si manifesta muovendo gli occhi, proprio come un pesce, sono inversamente proporzionali alla voglia che hanno le persone che si trovano in questa sala di andare a dormire. Una massa di corpi che si strusciano a passi di rumori che escono da delle casse poggiate al lato opposto rispetto a quello in cui mi trovo.

Oceano: anche in quello che può sembrare il più desolato profondo nello sconfinato spazio d'acqua che anima la terra la luce del sole filtra per toccare le alghe. Potrebbe portare a perdersi la ricerca del suo spazio ma non condurrà mai alla perdizione.
La mobilità dell’acqua scorre e fluisce lasciando a questi corpi che vedo ballare di fronte a me solo un suo pallido ricordo. Non tutto ciò che viene dall’alto è buono, come gli schermi ed i lampadari cui accennavo prima. Le forze del basso regalano coralli ed alghe, odori salmastri del sudore della terra in contrasto con gli odori dei profumi artificiali spruzzati addosso ai corpi delle persone che riempiono questa sala grandissima.
Questo posto non è l’oceano eppure vogliamo davvero riempire così questo tempo e questo spazio? 

venerdì 6 febbraio 2015

Umiltà

Dall'altra parte dell’essere spavaldi ed arroganti vi è l’Umiltà.
Umiltà è sapere che non sempre si potrà centrare il bersaglio sebbene si sia certi della propria mira. Magari quel bersaglio non è stato messo li esclusivamente per te ma per qualcos’altro o perché anche attraverso e grazie a te si giungesse al suo compimento.
Tutto è a nostra disposizione ma ciò non corrisponde a voler arrogarsi il diritto di usufruirne nel modo che riteniamo migliore per noi.
Umiltà è chinarsi, chinarsi dove gli altri non vogliono.
Umiltà è parlare con grazia, con amore, con il fine dell’amore.
Umiltà è permettere all’altro di manifestarsi e non avere la presunzione di conoscere le sue intenzioni ed il suo mondo interiore meglio di lui.
Umiltà è consigliare nella piena fiducia, è accompagnare senza giudizio.
Umiltà è permettere un confronto, lasciare aperta una porta.
Mettere al centro una persona e lapidarla con le parole non è umiltà.
Essere sempre accondiscendenti non è umiltà.
L’umiltà è forza, è lacrime, è linfa, è la vita che si manifesta con amore.
Umiltà è anche sacrificarsi affinché l’amore fluisca.
Umiltà è accettare di vivere un’umiliazione non invitata per l’amore collettivo.
Umiltà è comprendere che l’altro è un mondo che viaggia parallelo al tuo e con il quale tu confini. Umiltà è non permettersi di superare quel confine.
Umiltà è restare in silenzio, è ascoltare una risposta quando fai una domanda senza la presunzione di conoscerla in anticipo.
Umiltà è ringraziare ed incoraggiare chi collabora ad un progetto comune.
Umiltà è astenersi dallo scegliere per l’altro.
Umiltà è andare incontro, è essere consapevoli che si può sbagliare e ringraziare per questo.
Umiltà è non far valere a tutti i costi le proprie convinzioni.
Umiltà è prendere una parte all’interno di un disegno che è più grande di te, ma non lasciare che il tuo disegno diventi il tutto.